Mini-scosse al cervello per liberarsi della dipendenza da cocaina. L’utilizzo di impulsi magnetici mirati si è infatti dimostrato efficace nel trattamento di pazienti ‘schiavi’ della sostanza. E’ quanto emerge da uno studio pilota, pubblicato su ‘European Neuropsychopharmacology‘: i risultati suggeriscono che questo potrebbe essere il primo trattamento medico per la dipendenza da cocaina.
Un team di ricercatori che lavorano in Italia e negli Stati Uniti ha mostrato che l’uso di questa sostanza può essere ridotto grazie a un regolare trattamento con rTms (Stimolazione magnetica transcranica ripetitiva).Si tratta di un trattamento medico ampiamente utilizzato in psichiatria e del tutto sicuro, dimostratasi utile, già in passato, nel trattamento di altre condizioni quali ad esempio la depressione. Un’applicazione di impulsi magnetici a un’area del cervello ben localizzata. Nel caso in esame, ad esempio, si è deciso di stimolare la corteccia dorsolaterale prefrontale, un’area coinvolta nei processi decisionali, coinvolta nella ricerca compulsiva di cocaina.
Il lavoro, svolto in collaborazione con il team americano di Antonello Bonci, direttore scientifico del Nida (National Institute on Drug Abuse), è stato realizzato presso il Dipartimento di Neuroscienze dell’Università di Padova, in collaborazione con l’Irccs San Camillo di Venezia. 16 persone sono state trattate con rTms (una seduta di stimolazione quotidiana per 5 giorni consecutivi, e successivamente una volta alla settimana per le 3 settimane seguenti, per un totale di 8 stimolazioni in 29 giorni), mentre altre 16 hanno ricevuto dei farmaci mirati ad alleviare i sintomi dell’astinenza.
Il 69% (11 pazienti) del gruppo trattato con Tms non ha avuto ricadute nell’uso di cocaina, mentre solo il 19% (3 pazienti) dei soggetti trattati con farmaci ha avuto lo stesso risultato. Secondo Alberto Terraneo, coautore del lavoro, questo studio è “il primo che dimostra che la Tms può essere utile nel trattamento del disturbo da cocaina”.
I pazienti dello studio sono stati seguiti dai ricercatori fino ad oltre un anno, e i miglioramenti sembrano mantenersi nel tempo.