La dipendenza dalla cocaina può essere guarita grazie alla stimolazione magnetica cerebrale.
È il risultato di uno studio pilota su 32 pazienti condotto da un team di ricerca veneto-americano presso il Dipartimento di Neuroscienze dell’Università di Padova in collaborazione con l’Irccs San Camillo di Venezia. Al lavoro hanno partecipato il professor Luigi Gallimberti, docente dell’Università di Padova, e il professor Antonello Bonci, direttore scientifico del National Institute of Drug Abuse (Nida).
La ricerca, definita come una delle più importanti scoperte terapeutiche degli ultimi 50 anni, è stata pubblicata dalla rivista scientifica internazionale European Neuropsychopharmacology ed è stata presentata al ministero della Sanità in un incontro a Roma di alcuni giorni fa.
L’aspetto rivoluzionario della sperimentazione si fonda sul fatto che un trattamento medico (senza l’uso di farmaci) possa far superare il problema della droga. Per il team di ricerca, dunque, la dipendenza da cocaina ha basi neurobiologiche e può essere affrontata intervenendo sulla corteccia prefrontale (sede delle attività cognitive superiori e ipoattiva nel cocainomane).
L’intervento si basa sul ripristino della piena funzionalità della corteccia attraverso una stimolazione magnetica (TMS). che produce una modifica neoplastica e recupera l’originaria funzionalità dell’area. A tale modificazione sembra accompagnarsi l’estinzione del desiderio di assumere cocaina, estinzione che sembra resistere nel tempo.
Il gruppo sperimentale, formato da 32 pazienti, si è sottoposto a una seduta di stimolazione quotidiana per cinque giorni consecutivi e successivamente una volta alla settimana per le tre settimane seguenti. Il 69% del gruppo trattato non ha avuto ricadute nell’uso di coca, contro appena il 19% dei soggetti trattati con farmaci. «I risultati sono stati promettenti, ma preliminari»,
“La rTMS è in grado di ridurre significativamente l’uso di cocaina. Il trattamento è sicuro, è usato da anni in psichiatria per curare le depressioni. Non è invasivo e non dà luogo a reazioni avverse”.